Grecia vs Turchia: un avviso per Bruxelles?
Mentre talvolta rispunta l'idea di inviare nuovi contingenti militari NATO nell'Est Europa, sul "fronte meridionale" ci sono problemi interni che non si possono più ignorare.
Ci si interroga quotidianamente su quello che sarà il futuro della Siria e quello del Medio e Vicino Oriente, alle porte dell'Europa continua a bussare un ex avversario che tutt'ora non smette di indispettire i suoi vicini.
I rapporti fra Grecia e Turchia non sono mai stati rose e fiori, Atene ed Ankara, anche dopo essere diventati formalmente alleati grazie all'entrata nella NATO, vivono in una costante situazione di tensione la presenza nell'Egeo. Perché? Perché è importante parlarne ora?
Innanzitutto non dobbiamo dimenticare ciò che ci circonda: il conflitto siriano e la crisi dei migranti, ha fornito un asso nelle mani del Sultano, il quale si è fatto consegnare da Bruxelles circa sei miliardi di euro (fonte Espresso) per mantenere chiusi i flussi migratori dal suo paese che altrimenti avrebbero invaso l'Est Europa. Le azioni cariche di protagonismo del presidente turco degli ultimi mesi, fa aggrottare ancora di più le ciglia dei nostri vicini greci, i quali quotidianamente vedono offeso il loro spazio da veicoli militari turchi. Si registrano infatti decine di segnalazioni al giorno. Del 12/04 è la notizia di un giovane pilota greco (già eroicamente soprannominato "Icaro") disperso dopo la caduta in mare del suo mezzo con il quale stava respingendo l'ennesima violazione nello spazio aereo di Atene.
Reputiamo perciò importante parlare di questi fatti per via della loro silenziosa diffusione: mai viene affrontato seriamente il problema per via del chiarissimo fatto che l'attenzione è spostata su altro: il conflitto siriano. Certamente la guerra civile affrontata da Damasco stabilirà un nuovo (o un rinnovato) assetto dei paesi della Mezzaluna fertile, ma da europei non possiamo voltarci dall'altra parte quando ci vengono sbattuti in faccia fatti del genere. Stiamo parlando di un paese che ha apertamente sfidato l'Italia militarizzando la zona del blocco 3 cipriota nella quale la nave dell'Eni, la Saipem 12000, avrebbe dovuto effettuare ricerche per ottenere gas naturale. Lo stesso paese che durante le elezioni in Olanda ha inasprito i toni con quest'ultima definendola "nazista e fascista" per via del "respingimento" della ministra turca al comizio organizzato per la pubblicizzazione della neo-riforma presidenziale che stava concretizzandosi ad Ankara. Lo stesso paese che minaccia la sovranità greca sull'isola di Kos e molte altre. Lo stesso paese sul quale si discuteva non troppo tempo fa circa la sua possibile entrata nell'Unione Europea, portando con se un elevato numero di rappresentanti al parlamento europeo.
Bruxelles d'altro canto non alza la voce con Ankara da tempo. Forse spaventata dalla grande comunità turca interna ai confini continentali o forse semplicemente attratta da altri temi, è da molto che il fronte europeo non si ricompatta per bene per scalzare le minacce di un prepotente. Si cade per caso nel becero nazionalismo europeo se si crede che ad oggi la Turchia non sia pronta per far parte della "grande famiglia"? Bisognerebbe dunque concedere il privilegio di avere rappresentanza a Strasburgo a coloro che non rispettano i diritti umani e che si siedono al nostro stesso tavolo in vesti democratiche ma lasciando appesa fuori la giacca dell'autocrazia?
Il Parlamento centrale dovrebbe forse cominciare ad interrogarsi su come difendere i propri confini meridionali dalla prepotenza di un dittatore, valutando bene che una guerra a sfondo etnico nei Balcani c'è già stata e che tali zone rappresentano tutt'ora un terreno polveroso sul quale sarebbe meglio non soffiare.
Sabbioni Sebastiano