Nessuno guarda oltre la soglia di casa propria.
La Geopolitica che esce dai programmi dei Partiti.
Dalla Destra alla Sinistra passando anche dai Cinque Stelle ci chiediamo ormai dove siano finiti i progetti per il futuro del nostro paese nello scacchiere internazionale.
Tutto sommato l'analisi che riguarda la posizione italiana nel resto del mondo non è forse un argomento che fa gola agli elettori e probabilmente ci si dedica più volentieri a qualcosa che paghi in termini di voto. Ma oltre ai dubbi e alle domande che rimangono sui temi come l'occupazione giovanile e la lotta contro la "fuga di cervelli" si dibatte sui centesimi del sacchetto biodegradabile e per l'infinitesima volta sulla riforma delle pensioni.
Ricordiamo così lontana quella notte nella quale, nel lontano 1985, Bettino Craxi osò sfidare gli Stati Uniti del muscoloso Reagan mostrando così che la nostra penisola non doveva essere considerata una semplice "portaerei nel Mar Mediterraneo". Ad oggi invece non ci chiediamo più cosa farà l'Italia in ambito internazionale, ma cosa succederà al suo interno una volta che verrà instaurato un nuovo governo. Paradossalmente fa più notizia un viaggio dell'ormai celebre Antonio Razzi in Corea del Nord piuttosto che le future missioni militari italo-francesi al confine con il Niger.
Qual è il futuro che attende l'Italia nel contesto (geo)politico mondiale? Perché anche quando i nostri interessi sono al centro dell'attenzione mediatica ci muoviamo così poco per difenderli, come nel caso dei due fucilieri di marina?
Di questo non sentiamo mai parlare. I nostri confini paiono non essere importanti tanto quanto altri argomenti. Su di essi però si basa una buona parte del nostro futuro. Il ruolo che sta assumendo Macron sul piano internazionale gioca a favore dell'intera Francia, permettendo ai cugini d'oltralpe di porsi come mediatori per svariate controversie nel mondo, accrescendo la propria credibilità anche agli occhi di potenze emergenti, oltre che a quelle già affermate. Stiamo parlando di nuove possibilità di investimenti, di future buone relazioni che permetteranno l'apertura dei mercati e di incontri con Paesi che un domani potrebbero rivelarsi ottimi amici.
Perché ordunque continuiamo ad impantanarci su temi già troppo combattuti lasciando all'ultimo posto la questione internazionale?
Questo non vuole essere un attacco nostalgico al modus operandi o alle priorità dei partiti, quanto piuttosto una riflessione che consigli di guardare anche aldilà delle nostre città e che riconsideri importante il ruolo politico dell'Italia in contesti regionali. Il Mediterraneo è ancora al centro del mondo, è quindi vitale che il nostro Paese assuma nuovamente responsabilità che geograficamente gli competono.
Un articolo di Sabbioni Sebastiano